La pandemia ci ha cambiati, ci ha costretto a ripensare a noi stessi e al mondo che ci circonda. Siamo tutti, probabilmente, un po’ diversi rispetto ad un anno fa e, come per ogni cambiamento, è importante trarre da esso la forza motrice per migliorarsi. A volte il cambiamento non è voluto, è necessario, il che può rendere la sfida ancora più stimolante. Deve averlo pensato Yoji Tokuyoshi quando ha aperto la sua nuova Bentoteca, forse senza sapere che in pochi mesi sarebbe diventata un punto di riferimento della scena culinaria meneghina.
Tokuyoshi, che per oltre 10 anni ha cucinato alla corte di Massimo Bottura, racchiude nel suo cosmo l’anima giapponese e la conoscenza italiana e ha sempre dimostrato di possedere l’arte culinaria di entrambe le cucine. Con la Bentoteca è riuscito a reinventarsi e ha rimodellato la sua proposta culinaria, passando da un fine dining stellato ad una formula più conviviale e informale.
La nuova formula di Tokuyoshi
Perdere la stella Michelin non deve essere stato facile, ma tutto lo staff della Bentoteca ha affrontato la perdita a testa alta, immergendosi a capofitto nel nuovo progetto con entusiasmo e voglia di far sentire coccolato il cliente.
Il cambiamento è stato notevole. Gli spazi del ristorante respirano un’aria molto europea, con due sale distinte e la possibilità di mangiare anche al bancone; la clientela è giovane e italiana, spinta da curiosità e dalla voglia di provare piatti nuovi dopo il periodo di clausura. La formula della Bentoteca ruota attorno ad una cucina giapponese dagli ingredienti italiani abbinata ad una selezione di vini naturali.
Il bento, piatto cardine della proposta, è la classica “schiscetta” dei lavoratori giapponesi, un pasto sostanzioso e sano, in cui sono sempre presenti riso, uovo, verdure e una proteina.
Il menù si articola in piatti da condividere, ideali per cominciare e provare a più riprese la cucina di Tokuyoshi, e piatti principali, più corposi e tradizionali della cultura nipponica. Stuzzicante l’idea dei piatti condivisibili, perché rappresentano veramente l’essenza di una cucina d’incontro e contaminazione.
Bento experience
I panini panda rimandano ai classici cibi che si vedevano nei manga. Un’idea simpatica e instagrammabile, che ha contribuito non poco a far parlare della Bentoteca, ma anche concretamente buona. I panini al vapore sono molto leggeri e si accompagnano ad un classico abbinamento: burro montato e acciughe, qui servite in un pesto.
Un altro instant classic, diventato in breve tempo piatto iconico della nuova proposta di chef Tokuyoshi, è il katsusando di lingua. Un sandwich leggermente abbrustolito, con all’interno la lingua di vitello, ossimoro di consistenze e tripudio di gusto. A completare e sgrassare in bocca ci pensano una leggera maionese e del cavolo sbollentato.
Piatto decisamente stuzzicante è la temaki tartare. Una tartare di fassona, con bottarga di muggine, capperi e riso da sushi, salsa con tuorlo e ponzu, da completare con alga nori. Divertente la possibilità di chiudere personalmente il temaki e mangiarlo con le mani, graffia con un tocco street un piatto composto da ingredienti nobili.
Indimenticabile è lo sgombro nambanzuke. Uno sgombro dalla dimensioni notevoli che viene prima fritto e poi marinato in aceto dolce, olio, lime e verdure. Il pesce è carnoso e succoso, la marinatura regala alla carne una persistente nota dolce, la frittura lo ingolosisce e le verdure non sono solo un contorno, ma entrano in osmosi sensoriale col pesce.
Tra i piatti principali, il miso ramen si distingue per la sua delicatezza e pulizia. I noodles sono immersi in un brodo di pollo e miso, con verdure saltate, burro e soboro di pollo (pollo sbriciolato in piccoli pezzi). Evoca l’immagine zen di un giardino giapponese, in cui nessun ingredienti prevale sull’altro ed è tutto geometricamente armonizzato in ogni sorso.
È impossibile uscire dalla Bentoteca senza provare un bento. La scelta è ricaduta sul tonkatsu, un sublime filetto di maiale fritto con salsa tonkatsu e senape in grani, più i classici del bento, ovvero riso, uovo e verdure. Rimango sempre stupito dalla leggerezza della frittura giapponese, resa un’arte dai grandi chef come Tokuyoshi. Oltre che impattante visivamente e perfettamente equilibrato nelle sue componenti, questo bento assolve anche alla sua primaria funzione di piatto nutriente, conducendo con la sua ultima bacchettata alla piena sazietà.
Considerazioni e prezzi sulla Bentoteca
La formula Bentoteca di Tokuyoshi funziona alla grande. I piatti da condividere sono un perfetto biglietto da visita per incominciare il viaggio gastronomico, che conduce poi ad una dimensione più domestica della cucina nipponica. Tutto lo staff è riuscito a calarsi in questa nuova realtà, approcciando il cliente in maniera molto amichevole, mascherando l’altissima professionalità, che emerge al momento giusto nei piccoli dettagli che l’occhio attento sa notare.
I prezzi sono consoni alla qualità e al calibro di una cucina che, conviene ricordarlo, si fregiava della stella Michelin pochi mesi fa. Si va da 12 euro ai 25 euro, ma molti piatti rimangono nella fascia 14 euro – 18 euro. La proposta di vini naturali è contenuta e permette di spaziare bene in Italia e Slovenia, sia con le proposte al calice che con le bottiglie.
La mente di Tokuyoshi è una fucina di idee e la Bentoteca, che era partita come idea temporanea, è destinata a rimanere nel cuore e nei palati milanesi. Altri progetti, incentrati su un fine dining di stampo più classico, potrebbero arrivare a breve, permettendo al team di Tokuyoshi di tornare a pieno regime e ritornare nell’Olimpo della ristorazione milanese con un bacino di clienti che, grazie alla forza accentratrice della Bentoteca, sarà molto più grande e affezionato.
Piccole info sulla Bentoteca
- Sito web
- Indirizzo: via S. Calocero 3, Milano
- Chef: Yoji Tukoyoshi
- Prezzo medio a testa: 65 €
- Contatti: 340 835 7453
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